Questo titolo non mi fa venire in mente Conrad come sarebbe doveroso, ma la città di Bayonne e mi ci vuole un po’ per spiegarmi
Si arriva a Bayonne un giorno per caso, ma per la città non era un giorno qualunque.
Appena usciti dal solito IBIS per una visita alla città cominciamo a incontrare tutta la gente vestita completamente di bianco con una fascia rossa in vita o fra i capelli e qualche tocco di verde…tutti, proprio tutti, i bambini nel passeggino, le signore anziane, …….tutti insomma proprio tutti
(A dire il vero una eccezione c’era, quattro o cinque ragazzi e ragazze con anfibi, catene, capelli dritti…vestiti integralmente di nero: una vera trasgressione della quale si compiacevano) .
Eravamo capitati nel bel mezzo della festa basca
Ho pensato di aver ricevuto un dono dal cielo: la possibilità di vivere assieme alla gente una festa popolare antica e vera, non il folcklore, non la commemorazione, ma la vera partecipazione popolare ad un rito collettivo..
Mi ha preso quasi una sbornia.
La gente pressata nelle stradine strette del centro saltava all’unisono danzando al canto di “Bayonne, Bayonne…” rispondevano affacciati dalle finestre.. e io partecipavo..
ma G. ha smorzato il mio entusiasmo….
”E’ la loro festa, la loro, capisci?”
Io non capivo: cavolo, io partecipavo, potevo godere del privilegio di celebrare la festa di una terra e di un popolo, quello basco, così speciale….mi sentivo perfettamente in sintonia, entusiasta di poter esprimere la mia gioia di essere lì con loro.
Ma io non ero loro, vero!
E soprattutto chi mi diceva che LORO erano contenti di accogliermi?
Che LORO mi permettevano di partecipare, che mi concedevano il beneficio di prendere parte a questo rito?
Vero: ogni volta che pronunciamo un noi distinguiamo noi da voi e da loro..
è proprio da quel senso di appartenenza, di unità, di condivisione della storia, della memoria, e della cultura che trae origine e forza l’identità nazionale, ma anche il razzismo:
NOI non VOI e anche non LORO
Insomma la celebrazione della comune matrice culturale è anche la radice del rifiuto e dell’esclusione dell’altro… quanto esile la linea d’ombra che li divide, quanto difficile fermarsi in tempo e distinguere.
Una volta raggiunta questa consapevolezza ho continuato a vivere l’esperienza con due cuori, come si dice in romagna: il desiderio di condividere un sentimento di comunione e un po’ di sospetto per il senso di esclusione implicito…
Roba da grandi acrobati camminare su questo filo sottile.