anche io “andai a votare” il 2 giugno del 1946

un ricordo frammentario ma vivido del 2 giugno 1946

Sono nata il 3 agosto del 1943 e dunque il 2 giugno del 1946 avevo un po’ meno di tre anni, eppure di quel giorno ho un ricordo preciso anche se parziale.  Abitavamo a S.Agata Feltria, allora in provincia di Pesaro, in una casa a qualche centinaio di metri dal paese che si intravede alle spalle della foto di famiglia. Da destra Babbo Costa, nonno Sante, mamma Maria, mia sorella Rosetta, io, mio fratello Gilberto nell’agosto del 1946. Chi ha scattato la foto aveva problemi di inquadratura…

Copia di mia famiglia '46

Ricordo la cura con cui mia madre si preparò vestendosi con il suo abito migliore tanto che io ero convinta di andare a una festa. Sì perché naturalmente anche noi figli andammo in paese.

“Che andiamo a fare mamma?”

“Andiamo in Comune a votare”

la Piazza di S.Agata Feltria con il Palazzo del Teatro e del Comune, in una foto d'epoca
la Piazza di S.Agata Feltria con il Palazzo del Teatro e del Comune, in una foto d’epoc

Deve esserci stata una conversazione simile a questa e io non posso assicurare di non aver capito “vUotare”, immaginando cose che venivano portate via, lanciate dalle finestre magari. Ero rassicurata però dall’atmosfera allegra.  Poi aspettammo sotto il portico del palazzo Comunale, ricordo confusamente tanta gente e una attesa che mi sembrò lunga…

Il particolare di cui ho una memoria precisa, visiva, è mia madre che  interpella mio padre con un’occhiata interrogativa e lui che con fare un po’ circospetto apre un foglio e le indica un disegno molto chiaro, poi annuiscono, sorridono e si scambiano uno sguardo di intesa.  Il simbolo indicato c’è ancora adesso ed è riconoscibilissimo, è quello del sole nascente che allora indicava il Partito Socialista Italiano.  Mio padre si chiamava Costa, da Andrea Costa, suo fratello si chiamava Bruno, da Giordano Bruno, il nonno paterno Sante era stato un anarchico emigrato negli Stati Uniti all’epoca di Sacco e Vanzetti e tornò in Italia nel 1924, prima della caccia all’anarchico.

nonno Sante, con la classica cravatta anarchica alla Lavallère
nonno Sante, con la classica cravatta anarchica alla Lavallière

Mio padre a 17 anni fu arrestato per qualche giorno perché aveva “decorato” con fili di bandierine rosse il monumento ai caduti del suo paese, Santarcangelo di Romagna, cosa che lo fece inserire nel registro dei sovversivi della polizia fascista (vedi)

la copertina del registro dei pregiudicati oziosi e svagabondi e sovversivi dove c'è anche la vicenda del mio babbo
la copertina del registro dei pregiudicati oziosi e vagabondi e sovversivi dove c’è anche la vicenda del mio babbo

Quella scelta a sinistra era quasi ovvia.

È incredibile come quell’immagine sia rimasta ancora così viva nella mia memoria… del resto anche la parte dove ci sentiamo a casa è ancora quella parte lì, pur con inevitabili differenze e delusioni che il tempo e le cose hanno portato.

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io con i miei fratelli… e tutti senza piedi che il fotografo doveva essere lo stesso di prima…

io Tarzan tu… Cita

Ho passato una parte della mia infanzia in mezzo ai monti dell’Appennino Tosco romagnolo  (“Romagna in odor di Toscana”) in un paese piccolo molto bello. La nostra casa era un po’ fuori dal paese, isolata, sull’unica strada che univa  il nostro paese al resto del mondo.

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il paese della mia infanzia: S.Agata Feltria

La guerra era appena finita e avevamo poco di tutto, niente giocattoli, pochissimi libri… la tv ancora non esisteva… ma avevamo boschi, campi, compagni e tanta libertà.
Si stava fuori di casa finché c’era luce o non faceva troppo freddo, ma d’estate in casa nostra vigeva una disciplina diversa da quella di tutti gli altri.
Mia madre era una salutista convinta e voleva che passassimo il tempo nel bosco poco lontano da casa.

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i tre fratelli: da sinistra io (Cita), mia sorella (Jane) mio fratello (Tarzan…)

Secondo la vulgata del tempo, quando ancora la tubercolosi era una realtà dolorosa, respirare aria buona sembrava una vera panacea e anche gratuita.
Così appena cominciavano le vacanze noi tre fratelli andavamo a preparare il sentiero che univa casa nostra  alla montagnetta che per noi era il “nostro monte” . In mezzo c’erano dei prati e  in una valletta un fosso che scorreva in una zona dove una frana qualche decennio prima aveva distrutto alcune case di cui erano rimaste solo delle macerie.      Ogni inverno il movimento si ripeteva ed era necessario, per poterlo attraversare comodamente, risistemare un po’ le pietre per guadare il torrente.
Lavoravamo molto seriamente e quando ci pareva tutto a posto chiamavamo babbo “a fare il collaudo”  che lui eseguiva con fare severo e professionale… grande divertimento: sembrava di stare in un film di avventure ma vero!
Dal momento dell’approvazione di babbo cominciava l’avventura quotidiana: ogni mattina dopo la colazione mamma ci spediva sul monte. Zainetto con qualcosa di merenda, materiale per piccole ferite, bicchiere di latta (l’acqua non serviva, c’era una sorgente magnifica a cui bere), coltellino e poco altro.
Un paio di regole erano tassative: avere cura uno dell’altro e NON TORNARE A CASA PRIMA DI MEZZOGIORNO!
È curioso oggi pensare che mamma non ci voleva attorno prima dell’ora di pranzo (e non avevamo nemmeno il cellulare!) ….
Era severissima su questo punto… A volte capitava che eravamo stufi o il gioco era finito. Allora scendevamo dal monte e ci appostavamo sotto le chiome dei castagni al limitare del bosco.

il campanile
il paese e in evidenza il campanile ai cui rintocchi dovevamo fare attenzione

Così nascosti aspettavamo di sentire il campanile del paese che suonava i dodici rintocchi. Ai primi rintocchi di lì vedevamo la finestra di casa nostra aprirsi e la mamma affacciarsi per guardarci…
Allora e solo allora uscivamo dai nascondigli e cominciavamo ad attraversare la radura che ci portava verso casa…
E che cosa facevamo tutto il tempo? Spesso facevamo delle finte guerre con gruppi di compagni che salivano su al monte dal paese (un po’ alla “ragazzi della via Paal”) ma molto spesso giocavamo a fare Tarzan che il luogo era molto adatto.   Prima di tutto passavamo giorni a scegliere il posto e poi a raccogliere i rami e a intrecciarli per fare le pareti… poi tenevamo pulito il prato attorno, ci sedevamo lì dentro per mangiare la merenda, facevamo insomma come se fosse la casa.
Poi c’era l’avventura nella quale ognuno aveva una parte da recitare.

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i protagonisti delle avventure cinematografiche di Tarzan

Era il tempo in cui al cinema ci incantavamo davanti alle avventure di  Tarzan e allora anche noi dato che l’ambiente in fondo assomigliava abbastana (seondo noi) alla jungla… Naturalmente mio fratello era Tarzan (benché fosse un po’ cicciottello e non proprio atletico), mia sorella (sempre naturalmente) faceva Jane e io… Cita, la scimmia petulante dei film. Ho tanto insistito e supplicato che mi facessero fare il figlio di Tarzan ma non ci fu modo: io ero Cita . A volte mi facevano salire in alto su un albero con la consegna di avvertire se arrivavano i nemici… ma spesso era un escamotage per togliermi dai piedi (ero la più piccola) e loro intanto andavano a giocare con i “nemici” e io li sentivo ridere e non mi davano retta. Non potevo scendere che se non c’era nessuno sotto avevo paura… come se sarebbe potuto servire in caso di caduta…

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Ci è capitato anche di “lavorare”: un anno abbiamo avuto da badare un signore (ammalato di polmoni forse) a cui avevano consigliato di riposare fra gli alberi del bosco, ma era cittadino di mentalità e temeva le vipere… noi gli preparammo una specie di capanna-bersò e un praticello ben ripulito. Quando  lui arrivava  si sdraiava sul plaid con un libro e noi silenziosissimi ci sistemavamo attorno a distanza in modo da sorvegliare eventuali incursioni di bisce o vipere… attraverso babbo ci dette una mancia ma noi eravamo già fierissinmi del servizio importante che svolgevamo.

 

la prima volta

teatro S.Agata

L’ho riconosciuto subito, anche se è molto cambiato : pulito, ridipinto, rimesso a nuovo.
È il teatro dove, forse nel 1948, ho visto il primo film della mia vita, in uno di quei palchi centrali di prima fila…
Mi sono rimaste in mente con molta precisione alcune immagini, tutte terrificanti: allora andavano di moda i drammoni e io avevo 5 o 6 anni e queste figure che si muovevano e parlavano e i rumori e la musica… e il tutto nel buio!
Troppo.
Uno di questi ricordi che associavo a qualcosa di verde ho scoperto (sempre grazie  a Wiki e Google) che dovrebbe essere stato “Inferno verde” con Douglas Fairbanks…
Lo definiscono un film mediocre… non per me!

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E un altro film di cui ho un ricordo  molto preciso con anche un brandello di trama, ma di cui non so risalire al titolo, raccontava di una lei (Maria) che amava un lui (Antonio) che però la tradiva (credo).
L’aereo che porta Maria si sfracella sulle montagne, Antonio la va a cercare, il fantasma di Maria chiama con voce d’oltretomba : “Antoniooooo, Antoniooooo”
e lui “Mariaaa, Mariaaa” e la segue.
Lei indietreggia  con le braccia tese davanti a sè (come i veri fantasmi) sempre chiamando, lui la segue (braccia tese per raggiungerla) sempre rispondendo e…. finisce in un crepaccio.
Il ricordo mi è rimasto molto vivo perché per anni i miei due fratelli quando si volevano divertire, nel buio della nostra cameretta  si mettevano a chiamare Antonio e Maria con intonazione cimiteriale e io…. MAMMMAAAAA!
Però che razza di film!

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la Piazza di S.Agata Feltria con il teatro Mariani e le sue logge

Ma il teatro Mariani  che è stato “teatro” di queste avventure è un gioiello, scopro, un unicum : il più piccolo teatro europeo tutto di legno in uno dei piccoli paesi del nostro Appennino che dopo anni di oblio e difficoltà, è riuscito a trovare la chiave per farsi conoscere da turisti e gastronomi: Sant’Agata Feltria.

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