leggendo Jack London

Ogni tanto capita di sentire qualcuno in TV o alla radio che chiede al personaggio di grido quale sia il libro della sua vita (veramente capita più spesso che parlino di film o canzone..) e a me viene da pensare cosa risponderei io e so che la domanda ha più di una risposta.

london5` Un libro che mi ha segnata, avevo dieci o undici anni, è stato Zanna bianca di J. London.

L’avevo portato a casa dalla bibliotechina scolastica  ma appena cominciato non sono più riuscita a smettere di leggere così ho ottenuto di rimanere alzata dopo cena per poter continuare almeno un po’.
Erano i primi anni cinquanta e in inverno si andava a letto subito dopo cena per risparmiare luce e legna.
Nella casa dove vivevo per scaldarsi c’era solo la cucina economica (vedere eventualmente su Google..) che  i miei dopo cena lasciavano spegnere e che quindi conservava un po’ di calore solo se si stava molto vicini. Anzi, siccome i piedi gelavano, li mettevo dentro al forno (come Pinocchio) per scaldarli un po’.
Curiosamente di questo episodio ricordo tutto, anche dettagli e sensazioni, anche dove ero e come stavo, il freddo, il silenzio della casa addormentata, me che leggevo e leggevo e finivo il libro…e mi mettevo a piangere.
Un pianto disperato, con singhiozzi e lacrime. Eppure il libro é a lieto fine.

Infatti non era la vicenda che mi faceva piangere ma la sensazione di essere stata abbandonata, la consapevolezza che il libro mi aveva chiuso la porta in faccia,  che dovevo per forza andarmene da quella storia nella quale avevo vissuto fino a quel momento.
Una sensazione profonda di esclusione senza rimedio.
Loro avrebbero continuato a vivere la loro storia e io restavo sola nella cucina ormai gelida.

proibito leggere

Non avevo fatto mai caso a quanti ricordi della mia vita siano legati ai libri.
Di alcuni ho scritto, ma oggi, ascoltando discutere del rapporto “scuola- amore per la lettura” d’improvviso mi sono ricordata.
Quando nel 1957 la Feltrinelli fece il colpaccio di fare uscire clandestinamente dall’unione Sovietica e poi pubblicare il libro di Pasternack, il Dottor Zivago, io ero in collegio.

il-dottor-zivago-il-romanzo-che-fece-tremare--L-gcEl_a.jpg

Le monache, per stare tranquille nella loro beata inconsapevolezza, proibivano alle loro collegiali di leggere qualunque libro non provenisse dalla stitica e ammuffita “bibliotechina” del collegio, ricca di biografie delle sante e di romanzetti rosa (uno dei quali per altro aveva un paio di pagine molto pruriginose e, forse per questo, era  richiestissimo).
Per me era assolutamente impossibile rispettare il divieto e così avevo care compagne di classe non collegiali che, ricche di una biblioteca familiare, mi fornivano da leggere. Una di loro cominciò dal fondo dello scaffale in ordine alfabetico e così ero una delle poche adolescenti ad aver letto l’intera opera di Zola…

Non riesco a ricordare come riuscii, io senza soldi da spendere, come ho già raccontato qui , ad avere in mano Il dottor Zivago.

Era costoso per cui non mi azzardavo a leggerlo in collegio dove, se scoperto mi sarebbe stato tolto e bruciato 1958 .JPG ( si, bruciato, i libri in certe culture sono pericolosi come ha raccontato Bradbury).
Non potevo rischiare e così …lo leggevo in classe, con la pretesa di farlo di nascosto benchè avesse  le proporzioni di un dizionario
Mi andò bene per qualche volta poi un professore  più pignolo di altri mi colse sul fatto e mi spedì dal Preside.
Era una brava persona, un vero Maestro di cui ho raccontato.
Mi chiese perché e io glielo spiegai, gli dissi, anche con una certa supponenza, che in quel momento era per me  più importante leggere Zivago che perdere tempo ad ascoltare le sciocchezze che dicevano  le mie colleghe durante le interrogazioni su argomenti  che io, invece, conoscevo piuttosto bene.
Mi ero anche  raccomandata che, per carità, me lo restituissero che non avevo i soldi per ricomprarlo.
Mi disse che ne avrebbero discusso in consiglio.
Dopo qualche giorno mi fecero sapere che molti professori avevano dichiarato:

che si auguravano di avere molti alunni che pur di leggere…
che in fondo avevo abbastanza ragione io e dunque ecco il patto:
Io avrei dovuto intensificare lo studio in modo da avere risultati più che eccellenti durante le interrogazioni nelle quali i miei insegnanti sarebbero stati molto severi, in cambio appena l’insegnante fosse passato alle interrogazioni dei miei compagni io avrei potuto tirare fuori il mio libro e leggere beatamente e comodamente.
Bello! troppi_libri.jpg
Fu uno scambio equo e fruttuoso e, anche, molto esemplare per noi che studiavamo per essere educatori.
Non un cedimento lassista e nemmeno l’ imposizione di una sterile difesa dell’autorità, ma un patto che riconosceva anche a me una dignità.

Ho studiato tanto per mantenere il patto, ho subito con successo interrogazioni durissime e … intanto i professori più all’avanguardia facevano a gara per avvicinarmi con offerte di libri intelligenti, formativi, interessanti, nuovi, che volentieri mi prestavano e, spesso, mi regalavano.
Lo so: ho frequentato una scuola diversa, la facevano persone che credevano molto in quello che facevano.
A distanza di mezzo secolo li penso ancora con gratitudine.

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora