avventura a Domo: perdersi nei libri!

Domo alta

In casa ormai non ce la raccontiamo nemmeno più quella volta che F si era persa.E’ andata così: era ferragosto, eravamo in un paesino minuscolo dell’alta collina marchigiana, poche case, poco da fare: Domo.

All’ora di pranzo si sentiva la gente “mangiare”, quasi il masticare, l’acciottolio delle posate e dei bicchieri, i commenti… profumo di ragù e di arrosto misto, pigrizia.
Dopo il pisolino piano piano ci si risveglia e in casa scopriamo che F, la nostra figlia di 7 anni, non c’è.
Sarà da qualche parte, siamo qui proprio per consentire alle bambine di fare quello che vogliono, senza dover stare sempre in vista.
Sono ormai molte ore che non si vede, che nessuno l’ha vista.
Chiedo in giro ormai un po’ allarmata. “Avete visto F.?” “No, sarà da qualche parte a giocare”
Sono sempre più in pensiero, ne parlo coi vicini, tutti mi tranquillizzano
“No, non può essere lontano, non può essere andata in campagna, non è il tipo ”
Riempio il paese ( è così piccolo, si fa presto) dei miei richiami, del suo nome.
Niente
Ormai un po’ tutto il paesino è in allarme, sono passate sette ore da quando si è vista l’ultima volta e comincia a farsi sera… partono gruppetti per le stradine di campagna a vedere e chiedere se qualcuno l’ha vista….
Con il babbo decidiamo che è ora di chiamare i carabinieri, prima che si faccia notte.
Stiamo andando al telefono pubblico quando sulla piazzetta della chiesa si apre la porta della canonica elibri_tanti.jpg una bimbetta con l’aria un po’ stronata si affaccia sulla porta.
Grido il suo nome e lei sembra sorprendersi della mia sorpresa…
E attorno come un eco:
“l’hanno trovata, l’hanno trovata!”
Ma dove sei stata?
Ero in soffitta a leggere.
A leggere cosa
Ho trovato un mucchio di fumetti…
Ma non sentivi che ti chiamavamo?
Sentivo che dicevate F ma pensavo fosse un’ altra…
In paese non c’era nessun’altra che si chiamasse così…
La vicina di casa, una rotonda signora romana in vacanza, madre di un rotondo bimbo romano, con tono di profondo rammarico
“Me se perdesse a me mi fijio per legge!”

 

 

Pennellare prima di dipingere

 

acquerello.jpg

Maestra alle prime armi, piena di nuova pedagogia e di intenzioni quasi rivoluzionarie, che lavorava con bambini di campagna ai quali volevo offrire occasioni nuove per loro: eccomi a scuola con acquerelli e pennelli per tutti.
Qualche dimostrazione del come si fa e poi ognuno lavora per suo conto…
Settimio dopo un po’ mi chiede dell’altra carta e poi ancora, va a mettere i fogli dipinti ad asciugare e torna a prendere nuova carta…
Dopo un po’ sono incuriosita e davanti ai suoi fogli pieni di strisce senza un senso apparente domando con aria interessata
“Che cosa hai voluto dipingere?”
“Dipingere? Ma io non ho dipinto, io ho PENNELLATO! “

Già: uno strumento mai visto.. bisogna sperimentarlo, addomesticarlo,
altrochè pretendere di esprimersi, creare,…
Che lezione!!
A distanza di decenni ancora me la ricordo mi sforzo di tenerne conto.

Acqua ad Assisi

Assisi in piena estate: un forno!
Quella estate degli anni settanta eravamo lì con un  gruppo numeroso, allegro e accaldato di lupetti e coccinelle, che  non sono  animali ma piccoli scout sotto i dieci anni.
Per farli riposare un po’ ed evitare il colpo di calore decidiamo di portarli in un ambiente accogliente e amico che conoscevamo bene, la Cittadella, un complesso di edifici, giardini, padiglioni destinati ad ospitare  pellegrini, convegni, ritiri spirituali.
All’ingresso ci accorgiamo che si sta svolgendo un convegno di una specie davvero speciale di persone: I Focolarini.
E’ il momento della pausa, tutti sono usciti all’aperto, ognuno ha una targhetta sul petto con la scritta “Mariapoli” e il proprio nome, ognuno inalbera un sorriso serafico, ognuno si rivolge ai vicini che non conosce con un  “Benvenuto, da dove vieni?” tutto dolcezza e accoglienza.
E’ un tipo di gente che conosciamo, sono delicati e gentili e noi temiamo  che la nostra orda li strapazzi.
Io che sono la capa di tutti  mi incarico di fare le opportune raccomandazioni.
Ci affolliamo tutti attorno alla fontanella, abbiamo sete, i bambini scalpitano, li blocco con uno sguardo severo.. ci sono prima i focolarini!
Infatti sono lì prima di noi: quello più vicino alla fontana riempie un bicchiere di carta, lo porge con un sorriso al vicino il quale ringrazia e lo porge con un sorriso al vicino il quale ringrazia e lo porge con un sorriso al vicino….
Uno dei miei bambini mi guarda e con una notevole faccia tosta mi dice
“Ma vedi: loro non hanno sete!!!”
Non riesco a dargli torto e dò il via.
I bambini, uno dopo l’altro mettono la testa sotto la fontana e bevono, bevono, si bagnano.. e i focolarini, sempre serafici, li guardano sorridendo dolcemente e aspettano.

 

Il fregio di Picasso

Picasso.jpgUn giorno sulla piazza del Duomo di Barcellona, luogo magico dove ho avuto incontri plurali e magici, ho alzato gli occhi e ho guardato il fregio che orna il fronte di un edificio, forse di una banca.
L’ha disegnato Picasso.

Ho cominciato a ridere senza riuscire a fermarmi…

Quei disegni erano proprio come quelli di M., un nostro alunno con difficoltà di apprendimento, e quel modo di disegnare era stato un elemento significativo nella diagnosi.

Picasso diceva di avere impiegato tutta la vita per imparare a disegnare come un bambino e noi quanto dovremo studiare per imparare a capire i bambini?

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