Giardini d’estate

Giorni d’estate: nella cittadina sul mare adriatico dove mi capita di passare un po’ di tempo mi attirano le villette anni trenta con i loro giardini anni trenta.
Hanno tutte la stessa struttura, pur cercando di differenziarsi nel decò: pianta quadrata, due piani, scalinata pretenziosa centrale, balconate a colonnine  panciute di cemento, architravi decorati a motivi floreali, …
Ma oltre alle costruzioni, si  assomigliano anche i giardini.
E non sono solo le aiuole simmetriche, circondate da mattoncini o piastrelle ormai un po’ rotti, né la recinzione in po’ arrugginita e il cancello troppo piccolo per lasciar passare le auto.
Per datare queste case basta guardare le piante che vegetano in questi giardini:
intanto c’è una palma, bella alta e un po’ insensata, ormai spelacchiata (era forse un’allusione all’Africa coloniale?), di solito messa al centro;
poi ci sono delle piante di nespole giapponesi,dalle belle foglie scure e il frutto giallo sole, frutto allora esotico che oggi nessuno assaggia più e forse molti non sanno neppure che sia commestibile;
e ancora c’è:
un giuggiolo,
un lillà
una pianta di peonia (ce ne sono spesso di quelle rosso scuro, che invidia!),
piante di rose brutte e profumatissime,
bordure di garofanini bianchi e di begonie a grandi fiori, con le loro foglie simili al cavolo…
Ma nelle aiuole meno in vista e quelle dietro casa ecco le piante di pomodori, quelle di finocchietto selvatico, qualche pianta di cetriolo e di insalata, il prezzemolo, la salvia e il  rosmarino.
L’utile assieme al dilettevole, l’occhio e lo stomaco, il superfluo e il necessario.
Li ricordavo  così nella mia infanzia di vacanze riminesi, alla fine degli anni ’40, credevo fosse il frutto della miseria del dopoguerra e invece eccoli ancora lì, col loro profumo di passato.

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